Casta Diva, il 2 dicembre del 1923 nasceva Maria Callas
“La voce dell’opera si è fermata con la Callas, una perfezionista, nel senso che perfezionava i suoi difetti, come tutti i geni. Trovare e cestinare. Di questo si tratta”, così parlava di lei un altro genio del palcoscenico, l’attore teatrale Carmelo Bene. Come se la storia dell’opera tutta si potesse dividere in un prima e dopo Maria Callas.
Su di lei si è scritto e detto di tutto, dagli amori tormentati come quello con l’armatore Aristotele Onassis, che le preferì – più per ragioni politiche che per amore – Jacqueline Kennedy, all’abuso di droghe per sopportare tournee lunghissime in giro per il mondo, passando per le trasformazioni drammatiche del proprio aspetto, quell’eccessiva magrezza attribuita ad un uovo di verme solitario che avrebbe ingerito di sua volontà o all’ossessione per l’aspetto minuto dell’attrice Audrey Hepburn scelta come modello e, poi, l’amicizia con i grandi del suo tempo, Pasolini, Visconti, Corelli.
Era grande ancora prima di esserlo davvero, Maria Callas, al secolo Anna Maria Cecilia Sophia Kalogeropoulou, nata a New York da genitori greci il 2 dicembre del 1929. Il padre racconta che a soli 4 anni cantava già come un soprano tanto che un giorno persino gli automobilisti che si trovarono a passare sotto la finestra aperta di casa si fermarono ad ascoltarla.
Grazie a quel timbro unico e all’estensione incredibile reinterpretò le opere di Vincenzo Bellini, Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Luigi Cherubini e Giacomo Puccini. Seppe dare corpo e nuova intensità a quelle eroine sofferenti, tragiche, estreme, perché lei stessa in qualche modo lo era, attribuendo una tensione moderna ai ruoli che era chiamata ad interpretare nei principali teatri di tutto il mondo.
Dal 19 gennaio 1949, quando debuttò alla Fenice di Venezia come Elvira ne I puritani di Vincenzo Bellini sostituendo all’ultimo il soprano Margherita Carosio, fino all’11 novembre del 1974 ultima tappa della tournee mondiale a Sapporo, in Giappone, il suo mito non si spense mai davvero. Divina, così la chiamavano tutti, perché, nonostante i pettegolezzi, i lutti, le sfuriate e le afonie, sempre più frequenti, il pubblico continuò ad amarla come una dea, riempiendo i teatri e attendendo con trepidazione la sua ultima performance. Una vita incredibile che attraversò epoche e rivoluzioni sociali, estrema fino alla fine. Mai, infatti, furono chiarite le circostanze della sua morte il 16 settembre del 1977 a Parigi a soli 54 anni, lontano dagli amici e dai riflettori. Suicidio, malattia, solitudine o forse semplicemente troppo amore per la vita, l’arte, se stessa. Chiese che le sue ceneri fossero sparse nel mare Egeo “abbraccerò il mio Aristo attraverso il mare”, diceva.
Un’eroina romantica, “un sortilegio”, come la definiva Franco Zeffirelli, “un prodigio che non si poteva definire in alcun modo, la si poteva soltanto ascoltare come prigionieri di un incantesimo, di un turbamento mai esplorato prima. Ma non si può rendere appieno la tempesta di emozioni che suscitava in chi l’ascoltava per la prima volta. Perché Maria è un regalo di Dio che non si può definire nel tempo: Maria c’è sempre stata e ci sarà per sempre”.