David Lynch: il cinema si fa musica

David Lynch è tra i più importanti protagonisti del cinema americano di fine millennio: pittore, regista, sceneggiatore, produttore, attore, musicista. Come un compositore inquieto crea mondi deformanti in preda a vortici onirici, dove realtà e finzione si confondono, disintegrando l’identità psicologica dei personaggi.

Lynch incarna appieno il concetto di multiautorialità proprio della creazione delle colonne sonore cinematografiche. La sua firma è riconoscibile non solo nelle immagini, nelle trame e nei personaggi ben distinguibili, ma anche nel suono. Interviene nella scelta delle musiche e nella produzione dell’ambiente sonoro delle sue pellicole.

Le sue scelte musicali spaziano con multilinearità tra vari generi: dalla classica al pop al rock. Lo spettatore è catapultato con rapidità da un genere all’altro e a volte ciò che ascolta è in antitesi con le immagini che ha di fronte.

Eraserhead (1977) e The Elephant Man (1980)

Il primo lungometraggio, cult dell’underground, è la costruzione di un delirante incubo che non concede accesso al reale. Conscio ed inconscio si incontrano, si confondono, sgretolando il significato e rendendo sconsiderata la comprensione della trama secondo coordinate logiche.

La pellicola ermetica è in bianco e nero, dilatata nei tempi da scarni dialoghi e costantemente accompagnata da un rumore industriale di sottofondo. Il tappeto sonoro perturba incessantemente ogni immagine e, con essa, lo spettatore, catapultato nel delirio onirico del protagonista.

Frutto della collaborazione con il sound designer Alan Splet, il background noise industriale travolge lo spettatore con un senso di angoscia e lo tiene incollato allo schermo. Si nasconde nell’inquietante performance di Lady Radiator della canzone In Heaven di Peter Ivers, per poi tornare a disturbare il mondo al di fuori del termosifone.

Sullo stesso sfondo industriale, bianco e nero nell’immagine e nel sonoro, con The Elephant Man Lynch porta al cinema la vera storia di John Merrick. L’uso del silenzio fa risaltare ancora di più il frusciare asfittico che accompagna la pellicola. Qui la dimensione del sogno non è qualcosa di altro rispetto alla realtà, ma è legata al teatro, luogo dove l’inconscio può liberarsi. Ed è proprio in teatro che Merrick viene accettato dal pubblico nella sua a-normale deformità.

Lo spettacolo del freak che purifica gli sguardi di chi vede la mostruosità nella diversità perché impaurito si conclude sulle note dello struggente Adagio per archi op. 11 di Samuel Barber.

Velluto blu (1986), Twin Peaks (1990-1992), Mulholland Drive (2001)

Tra i collaboratori di cui si avvale Lynch spicca il nome di Angelo Badalamenti. E, con lui, spiccano nuovi colori nelle immagini – e nel sonoro: il blu ed il rosso. Il binomio Lynch-Badalamenti si afferma sin da subito come un iconico successo.

In questi titoli Lynch usa la canzone pop americana per alienare il quotidiano, creando un effetto di straniamento, non solo nei personaggi, ma anche nello spettatore in ascolto. Slavoj Zižek in Il ridicolo sublime ne parla così:

In Lynch’s universe, the psychological unity of a person disintegrates into, on the one hand, a series of clichés, and, on the other hand, outbursts of the ‘raw’, brutal, desublimated real of an unbearably intensive, selfdestructive, psychic energy.

Come i personaggi vengono de-psicologizzati, così la funzione culturale di nostalgia ed intrattenimento delle canzoni pop americane degli anni Cinquanta e Sessanta viene de-realizzata. Ciò tramite la rilevanza e messa in primo piano degli aspetti più inquietanti del suono, tanto che quelle che appaiono scene parodistiche nascondono un’angosciosa serietà.

Così, su uno sfondo di velluto blu, parte un brano orchestrale di Badalamenti. Il tema sinuoso, il suo carattere cromatico tra il nostalgico e il grottesco, sembrerebbe ispirato alla Sinfonia n. 15 op. 141 di Shostakovich. Il velluto lascia il posto al cielo e la musica scivola sulla versione originale in stile foxtrot di Blue Velvet di Bobby Winton. La canzone è riproposta in versione blues da Isabella Rossellini ed è utilizzata lungo il film per alludere alla dipendenza sessuale del protagonista.

La normalità deviata dell’America degli anni Cinquanta si tinge di rosso in Twin Peaks. L’episodio pilota della serie straborda di musica: dai bassi jazzati all’organo che segue Audrey Horne al più sentimentale Laura Palmer’s Theme con il suo costante gorgoglìo di sintetizzatori. Il tema narrativo, con andamento ondivago che allude alla natura passionale della vittima, è ripreso nella trasposizione cinematografica Fuoco cammina con me. Nella scena del duplice omicidio le musiche torbide di Badalamenti scivolano nell’Agnus Dei del Requiem in do minore di Cherubini, in un contrastante gioco seduttivo tra sacralità e delitto.

Dal blu e rosso nasce il viola di Mulholland Drive. Sullo sfondo quattro coppie ballano a suon di Jitterbug. Sulla voce incomprensibile di un uomo, il motivo ritmico di Badalamenti incalza col materializzarsi delle sagome dei ballerini. Le coppie sono riprese da varie angolazioni e si sovrappongono nel loro girare sullo sfondo. Conquista lo schermo l’immagine bianca di una donna sorridente applaudita dalla folla. Il volto di Naomi Watts parla allo spettatore della scissione di identità del suo personaggio. Il suo io si frantuma nelle coppie multidimensionali e balla rassegnato al monotono riff di Jitterbug sul proprio infelice destino.

Cuore selvaggio (1990)

Come Lynch stesso lo ha definito, Cuore selvaggio è un film sulla ricerca dell’amore all’inferno. La travagliata storia d’amore pop-nostalgica di Sailor e Luna, coppia emblematica del rock, si sviluppa lungo un viaggio avventuroso. Il legame di Sailor con il rock’n’roll – è definito da Cindy Hendershot imitatore di Elvis Presley – dimostra gli ideali romantici di Lynch sul potere trasformativo dell’espressione artistica.

Il rock assume capacità trascendentali e mitiche, di forza che può liberare le persone dai mali del mondo. Non sapendo come esprimere i propri sentimenti in modo non distruttivo, Sailor riesce ad allontanarsi dalla violenza solo attraverso la musica. È grazie a questa che arriverà ad accettare completamente l’amore di Luna e a rendersi indipendente dalle sue figure di riferimento.

Un cerino si accende. La piccola fiamma divampa sullo schermo. Una breve introduzione orchestrale di Badalamenti apre i titoli di testa. Scivola velocemente nel jazz di In the mood di Glenn Miller. Un urlo, una coltellata ed esplodono i Powermad con la loro Slaughterhouse. Un corpo a terra, e riparte In the mood. Questa la sequenza iniziale del film, in cui Lynch catapulta lo spettatore su montagne russe emozionali. Lo conduce nel viaggio sentimentalmente rock della crescita di Sailor, che attraverso l’espressività artistica della musica si redime.

Nella scena della radio in macchina i due protagonisti ascoltano Slaughterhouse dei Powermad. Improvvisamente, mentre i due ballano agitati al tramonto, uno strumentale Im Abendrot di Strauss accompagna l’ abbraccio. Michel Chion osserva come i due brani, così diversi, siano usati come doppio leitmotiv e si completino a vicenda nell’essere due espressioni dello stesso potere dell’amore. Così, dopo una lunga corsa sul sentimentale tema orchestrale del lieder straussiano, Sailor riesce finalmente a dichiarare il suo amore impegnato a Luna sulle note di Love me tender di Elvis Presley.

O weiter, stiller Friede […] Ist dies etwa der Tod?

Love me tender, love me sweet, Never let me go.

 

Chiara Apa