La scomparsa di Rossini
Nella notte del 13 novembre 1868, all’età di sessantasei anni, si spense nella città di Passy, assistito dalla moglie, dai medici e da alcuni amici, la star italiana che aveva dominato la scena operistica nel primo trentennio del secolo: Gioachino Rossini.
Il funerale del pesarese
Nonostante i 38 anni di “silenzio” dal mondo teatrale, le opere di Rossini continuavano a circolare e ad essere eseguite, tanto che la sua fama manteneva ancora una portata mondiale dall’Europa alle Americhe. Era ancora attuale, infatti, l’affermazione dello scrittore francese Stendhal del 1824 riferita a lui:
dopo la morte di Napoleone c’è stato un altro uomo del quale si parla ogni giorno a Mosca come a Napoli, a Londra come a Vienna, a Parigi come a Calcutta. La gloria di quest’uomo non conosce limiti.
Parteciparono in molti al funerale di Rossini il 21 novembre nella chiesa della Trinité a Parigi. Presero parte al rito anche alcuni politici e musicisti di nazionalità italiana e francese, incluso lo stesso Napoleone III. Seguirono poi manifestazioni di lutto in tutta la penisola, come ad esempio a Milano, Trieste, Bologna, Pesaro, Napoli, Venezia.
Per l’occasione vennero eseguite alcune composizioni del pesarese come la marcia funebre della Gazza Ladra, la preghiera del Mosè d’Egitto e adattamenti dello Stabat mater. Non mancarono inoltre brani di altri compositori come Jommelli, Mozart, Pergolesi e Beethoven con la Marcia Funebre della Terza Sinfonia.
Infine, per celebrare la grandezza del compositore vennero coinvolti nei cori i solisti dei maggiori teatri operistici francesi del tempo: l’Opéra, il Théatre Italien, l’Opéra-Comique, il Théatre Lyrique e anche i giovani allievi del Conservatorie.
La messa per Rossini
La morte del celebre compositore quindi sconvolse soprattutto i suoi colleghi per i quali era stato un modello, tra questi, anche Giuseppe Verdi. Lui scrisse infatti:
Un gran nome è scomparso dal mondo! Era la riputazione più estesa, la più popolare dell’epoca nostra, ed era gloria italiana!
Egli espresse quindi la volontà al suo editore Tito Ricordi di onorare la memoria del pesarese con una Messa da Requiem. Quest’opera avrebbe dovuto coinvolgere i più illustri compositori del tempo per essere poi eseguita nel giorno dell’anniversario di morte del compianto musicista.
I compositori selezionati furono: Antonio Buzzolla, Antonio Bazzini, Carlo Pedrotti, Antonio Cagnoni, Federico Ricci, Alessandro Nini, Raimondo Boucheron, Carlo Coccia, Gaetano Gaspari, Pietro Platania, Teodulo Mabellini e lo stesso Verdi che si occupò di scrivere il Libera me. Una volta pronta, però, la messa non venne eseguita e bisognò attendere la sua riscoperta nel 1986 a opera del musicologo David Rosen. L’esecuzione avvenne infine, con un secolo circa di ritardo, nel settembre 1988 per il Festival Europeo di Musica di Stoccarda.
Un nuovo punto di partenza
Il pubblico del tempo quindi non poté ascoltare la messa come composizione unitaria, ma i singoli brani vennero riutilizzati dai corrispondenti autori per altre composizioni. Mabellini, ad esempio, trasformò il Lux aeterna in un Inno a Palestrina e Platania incluse il Sanctus nella Messa per la morte di Vittorio Emanuele II.
La stessa sorte, ma destinata a un futuro più glorioso, subì il Libera me di Verdi. Egli, infatti, riprese questa composizione trasformandola nel punto di partenza per una delle sue composizioni più monumentali, la Messa da Requiem per Alessandro Manzoni.
Piergiuseppe Lofrumento