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Galoba è il termine con cui in georgiano si definisce il canto liturgico. Questa forma espressiva, adatta alla preghiera, è caratterizzata dalla polifonia vocale a tre parti che ha accompagnato la lunga storia del Cristianesimo nel paese caucasico. Anche nelle situazioni di diaspora, come quella descritta in questo volume, il repertorio del canto liturgico polifonico è percepito ed eseguito come segno di una possibile memoria collettiva nazionale, ricostruita e coltivata meticolosamente nei decenni successivi la nascita della Repubblica indipendente. Portavoce di questo patrimonio culturale, denso di significati estetici e sociali, sono le coriste che, ogni domenica, nella chiesa ortodossa georgiana del quartiere Monti di Roma, accompagnano la Divina Liturgia con il canto (galoba) . Dall’analisi delle attività di queste donne, e anche dai loro racconti, emerge pienamente la rilevanza del loro ruolo di interpreti del canto di chiesa nella mediazione tra il paese d’origine e la coraggiosa costruzione di nuovi percorsi di vita, altrove.
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Nei grandi centri urbani della Birmania centrale (Myanmar), canti, melodie e ritmi dell’ensemble musicale nat hsaing richiamano un elaborato pantheon di spiriti locali, che danzano manifestandosi attraverso i corpi di professionisti rituali, interagendo così con i loro devoti nel corso di lunghe cerimonie private. In Nat hsaing, Lorenzo Chiarofonte presenta una vivida narrazione dello svolgimento di una cerimonia per gli spiriti. Coniugando la forma di dettagliato resoconto etnografico con l’analisi performativa, il volume descrive i diversi momenti e i tanti protagonisti del rituale. Il volume, presentato da Giovanni Giuriati, è accompagnato da un consistente apparato multimediale di numerosi esempi audio-video raccolti in Birmania e si rivolge a studiosi di etnomusicologia, antropologia, orientalisti e storici delle religioni.
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Percorsi di etnomusicologia ripercorre i molteplici itinerari di questa disciplina che, fin dai suoi esordi alla fine del XIX secolo, ha visto un susseguirsi di correnti teoriche-metodologiche rivolte a conoscere le diverse culture musicali. L'affascinante viaggio nella storia della disciplina permetterà di guardare ai modi in cui i ricercatori, nel corso del tempo, si sono avvicinati a tali culture, le hanno analizzate e interpretate avanzando interessanti e multiformi proposte ermeneutiche.
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Viviamo immersi in un universo sonoro nel quale la voce viva, ascoltata nello stesso luogo e momento della sua emissione, è intrecciata ad altre voci mediate da apparati tecnologici. Apparentemente indistinguibili, queste voci richiedono di riflettere sulla mediazione operata dagli strumenti che le producono e diffondono. A partire dalla contemporaneità dobbiamo interrogarci sulla relazione tra il corpo e la voce, tra il potere di chi la possiede e quello di chi la media, tra la voce umana e quella trasformata e generata da sistemi artificiali, dal live electronics alle reti neurali. La mediazione tecnologica della voce spazia dalla voce fonografica, che rappresenta l’oggetto di ascolto più diffuso nel mondo globalizzato, alle forme di sperimentazione vocale e tecnologica, che offrono un osservatorio straordinario sulle trasformazioni in atto nel corpo virtuale della voce.
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L’ascolto della musica dell’Altro è un fenomeno affascinante perché «intriga il modo in cui così tante persone oggi, pur perdendo il significato implicito di gran parte della musica che ascoltano, la “fraintendono” in un modo così creativo ed efficace da renderla compatibile con le proprie vite» (Sorce Keller). Questo libro ne illustra un caso paradigmatico: quello di una generazione di italiani, adolescenti negli anni Settanta, che hanno plasmato le loro identità dialogando con la musica dell’Altro latinoamericano, fino a renderla un ingrediente fondamentale dei loro immaginari, sogni e utopie.
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Il presente volume è la restituzione multimodale del progetto di etnomusicologia applicata Roma a tempo di musica realizzato nella Scuola Secondaria di I grado “R. Bonghi” di Roma nell’a.s. 2022/2023. Attraverso lo studio e la pratica laboratoriale sia di repertori di tradizione orale che di musica d’arte del primo Novecento, si è voluto porre l’accento sulla bellezza e la pluralità della vita culturale di Roma, dove vivono e si influenzano persone provenienti da diverse parti del nostro pianeta. Grazie anche all’intervento in classe delle music makers protagoniste dei recenti flussi migratori, nel progetto Roma a tempo di musica si è lavorato sulla costruzione identitaria individuale e collettiva degli alunni, in una prospettiva fluida e transculturale.
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Assistere ad una Divina Liturgia è come entrare in un edificio sonoro sorretto dagli inni e dai salmi che il coro esegue alternandosi all’officiante e ai fedeli. Anche nell’ambito migratorio preso in esame in questo volume, nonostante la mutevolezza delle formazioni corali e la discrepanza architettonica degli spazi sacri in cui vengono riproposte le Divine Liturgie ortodosse, i canti continuano ad essere il tramite tra il mondo terreno e il divino. I romeni presenti in Calabria, grazie ai canti della liturgia, non solo innalzano le lodi a Dio, ma creano dei ponti di collegamento immaginari con la madre patria, contribuendo a costruire e a mantenere una memoria collettiva nazionale nella terra di nuovo insediamento. Memoria che viene rafforzata dalla storicità e dagli stretti legami esistenti tra confessione ortodossa e nazione romena. Legami che a loro volta si rinnovano e si consolidano in ogni celebrazione mediante una Învierea (lett. “Resurrezione”), ossia una rinascita dei valori di fede e dell’amore verso la terra d’origine.